di Eugenio Baresi
Proprio due giorni fa, nel 1970, veniva approvata dalla Camera dei Deputati la legge n.300.
Meglio nota come Statuto dei lavoratori.
Il Presidente del Consiglio era Mariano Rumor ed il Ministro del lavoro era Carlo Donat Cattin, entrambi democristiani.
Il disegno di legge governativo era stato predisposto appena un anno prima da Giacomo Brodolini, Ministro del Lavoro e socialista, con lo stesso Presidente del Consiglio.
(Brevissima nota: Brodolini ha fatto il Ministro per nove mesi, ma essendo capace ha potuto predisporre un testo fondamentale e approvato con l’impegno di un altro Ministro capace).
Oggi il lavoro in tanti settori è completamente diverso nella sua organizzazione ed è quindi quanto mai opportuno che se ne verifichi l’attualità.
Ma oggi c’è un problema ben peggiore; se le cose continuano in questo modo bisognerà preoccuparsi che ci sia ancora il lavoro.
Pare invece che di questo fondamentale problema i nostri governanti non se ne accorgano.
Ricordiamo solo una piccola parte delle cose che meriterebbero attenzione.
Nessuno, pericolosamente per l’occupazione, ormai parla dell’Arcelor Mittal di cui lungamente ci siamo interessati.
Era stata venduta ad un gruppo franco-indiano con precise e reciproche garanzie.
Da un lato investimenti e occupazione, dall’altro tutela nella fase di transizione e tempi concordati per tutte le operazioni di messa a norma.
I geni del disastro, quelli che pensavano ad un allevamento di cozze al suo posto, hanno modificato quei termini contrattuali consentendo ai franco-indiani di recedere da un contratto che forse per loro non era così vantaggioso.
Vi ricordate tutti le roboanti parole dell’attuale presidente del coniglio sull’epica battaglia legale che avrebbe intentato alla nuova proprietà?
Tanto epica che passato qualche mese ha consentito che ora i franco-indiani siano in affitto nella conduzione degli impianti e… con il rischio nemmeno troppo nascosto che mollino tutto con una modestissima penale.
Un disastro creato da incompetenti, inadeguati e incapaci.
Ma un simile dramma non riguarda solo Taranto o Genova, riguarda l’intera filiera manifatturiera del nostro Paese.
Se poi aggiungiamo i tedeschi della Tyssen, che vogliono abbandonare Terni, il cerchio dell’acciaio in Italia è quasi perfettamente chiuso.
A proposito, prima che arrivassero quelli delle cosiddette seconda e terza repubblica, erano tutte aziende italiane… così per dire.
Poi oggi ci attorcigliamo nella discussione della legittimità di una garanzia su un prestito richiesto da FCA.
Ora se immaginiamo quanti sono gli occupati diretti in FCA Italia e aggiungiamo quelli dell’indotto che sono molti, ma molti di più, una attenzione fornendo una garanzia per l’occupazione italiana sarebbe da porre in primo piano.
Perchè se è vero che la FCA, dopo la fusione con l’americana Chrysler, ha trasferito sede legale e finanziaria in Olanda ed in Gran Bretagna, è ovvio, che i lavoratori sono in Italia.
Ed è appunto un puro gioco alla rovina non ragionare sulla realtà che gli operai sono in Italia e italiani.
E dimenticando come sempre l’ovvio e la propria responsabilità nel non fare quello che avrebbe dovuto essere fatto è ancora andrebbe fatto.
E cioè che sarebbe stato opportuno si fosse posta mano alla legislazione che invoglia, favorisce e in parte giustifica, la fuga delle aziende dall’Italia.
Persino di quelle in mano allo Stato!
Potrebbe apparire incredibile quest’ultimo fatto, ma non è una invenzione, è proprio così!
Certo che applicare la logica pare sia chiedere troppo ai politici dell’oggi.
Così aspettando quello che dovrebbero fare politici seri, e sperando che si attuino politiche industriali ed economiche da parte di un governo competente…. corriamo il rischio di non avere nemmeno più lavoratori con cui e per cui riscrivere le nuove regole del lavoro.
22 Maggio 2020 at 11:33
Quello che hai scritto non ha bisogno di nessun commento…mi viene solo un brivido di pelle d’oca… quando penso a Giacomo Brodolini di Recanati…morto a soli 49 anni ministro del lavoro a cui è succeduto Carlo Donat Cattin…e a cui noi socialisti di Ghedi avevamo dedicato la locale sezione PSI… ciao Franco