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pensieri sull'attualità

Categoria: Economia (page 1 of 6)

Se crollano le entrate fiscali.

di Eugenio Baresi

Non capita solo a noi di non poter far fronte agli impegni se non incassiamo soldi a sufficienza.

Ed è un dramma.

Lo Stato rischia di essere nella stessa situazione, anche se è meglio dire più concretamente che i dati che si fanno silenziosamente strada non promettono nulla di buono.

Le entrate fiscali nei primi 5 mesi sono crollate del 10% e tenendo conto della qualità di esse una domanda che ci eravamo già fatti all’inizio della pandemia ritorna prepotente.

Se frena il motore dell’Italia, il nord produttivo, chi paga i debiti?

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La Cina è vicina: meglio di no.

di Eugenio Baresi

Dopo averci regalato il disastro del virus, approfittando dei problemi gravi delle economie dei paesi democratici, la dittatura del regime cinese ha distrutto e cancellato quei minimi residui di libertà che Honk Kong ancora conservava del suo passato di protettorato britannico.

Questo è un dato di fatto.

Come lo è la benevola attenzione che è stata riservata alla Cina da chi con essa ha guadagnato e guadagna.

Ora criticando chi uccide la libertà potrebbe apparire curioso criticare la libertà di fare affari con chi si vuole.

Ma non è proprio così.

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I soldi dell’Europa.

di Eugenio Baresi

Quelli indicati dalle parole sono indubbiamente tanti.

Come sempre il problema sta nel vederli non tanto descritti, ma nel vederli contati… uno sull’altro.

Invece sembra di essere in un vecchio gioco ormai in disuso: il Monopoli.

Cartamoneta disponibile per ville, aziende, alberghi e persino treni ed aerei, ma solo disponibile nella finzione della lavagnetta quadrata di cartone lucido e colorato.

L’Europa sul MES ha stanziato soldi da dare in prestito, sul Recovery fund non si conosce nulla e la prospettiva, pure modesta, è addirittura per il prossimo anno.

Intanto cosa fare?

Intanto il Ministro dell’economia silenziosamente opera.

Almeno uno buono.

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Essere o non essere l’IVA?

di Eugenio Baresi

Sono finiti da quattro giorni gli stati generali voluti dal presidente del coniglio.

Uno, non noi che l’avevamo ampiamente previsto, si sarebbe aspettato una conclusione con un preciso elenco di cose da fare.

Ma quando mai!

Si analizzerà per vedere cosa dovrà farsi al meglio per il Paese.

Il verbo è il solito declinato al futuro in fatto di programmi ed il Paese sono i cittadini che del meglio così descritto farebbero volentieri a meno.

Per coprire il vuoto però una cosa il presidente dal cilindro ha tolto, non un coniglio, ma il taglio delle aliquote IVA.

Peccato che nel suo governo, a parte il suo cilindro, nessuno abbia valutato bene una simile conigliata.

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Come può un’economia già debole sopportare falle all’infinito?

di Eugenio Baresi

Potremmo fare a meno di scrivere cosa sta succedendo all’Arcellor Mittal e lasciare i link di quanto avevamo qui già scritto dal novembe dello scorso anno.

Avevamo tutto previsto.

Per contro è certo paradossale la dichiarazione nel settembre 2018 dell’allora ministro dello sviluppo economico Di Maio: “In tre mesi abbiamo risolto la crisi dell’ILVA”.

Hanno risolto talmente bene che dopo qualche mese hanno fornito ai franco indiani l’occasione di togliersi dai piedi a scapito di tutti noi.

Ovvio nelle intemerate scelte del governo la magistratura non si è sottratta nel fare politica di parte… come sempre dannosa.

E così inizia il disastro.

Per non ammettere la stupidità delle azioni del suo governo il presidente del coniglio ha lanciato il proclama di una battaglia giudiziaria epocale.

Salvo, con una faccia di bronzo impareggiabile, evitare qualsiasi discussione e accucciarsi poco dopo.

Tanto chi paga sono i cittadini italiani, non certo i governanti così ben mantenuti e accomodati sui soffici velluti.

Infine oggi quella irresponsabilità ha consentito ai franco indiani di alzare ulteriormente il prezzo con la scusa della pandemia e grazie anche e appunto al fatto che erano stati sciaguratamente liberati dall’obbbligo di acquisto per le scellerate scelte prima ricordate.

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La libertà dell’economia e il dovere delle regole.

di Eugenio Baresi

Che la libertà dell’economia debba ritornare ad essere il primo scopo di ogni iniziativa dovrebbe apparire ovvia in una situazione nella quale senza di essa nulla sarebbe possibile.

Ma è altrettanto evidente che l’intervento della mano pubblica per indirizzare risorse, offrire possibilità e stabilire priorità non può accantonarsi.

Non serve essere economista e soprattutto non è utile rifarsi alle ricette economiche che abbiamo conosciuto per accapigliarsi fra diverse opinioni.

Questa crisi non è una crisi che nasce dalla negativa distruzione dei beni e quindi con la possibilità positiva di ricostruirli, nasce dalla immobilità della produzione e dalla sospensione dei consumi.

Insomma si tratta di recuperare il ciclo virtuoso che muove gli ingranaggi in un susseguirsi di produzione di beni, di creazione di risorse, di utilizzo dei prodotti.

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L’Europa c’è, ma non si faccia propaganda inutile e dannosa.

di Eugenio Baresi

I politici dell’oggi assomigliano molto al merlo in gabbia, capaci di fare propaganda tremenda piuttosto che di realizzare opere costruttive.

Almeno il merlo ammetteva il suo imbroglio… seppur per giustificarsi.

L’Europa, nei suoi vari organismi, ha messo in campo diverse opzioni per sostenere le economie distrutte dal virus.

Ma è opportuno dire come stanno nella realtà le cose.

E così attendiamo la concretezza della più corposa che è il Recovery Fund.

Speriamo che sia come per il momento viene raccontato, ma anche così fosse, bisogna tener conto che dei 187 miliardi ipotizzati per noi, ben 100 sono in prestito e degli altri 87 non tutti sono effettivamente “regalati”.

Infatti, quando sarà e se sarà deliberato, bisognerà tener conto di quanto risulterà praticamente una partita di giro che ci ritorna avendoli noi versati all’Europa e quanto l’Europa stabilirà su come recuperarli comunque dai diversi Stati.

Speriamo non ci sia una tassa europea…

Comunque tutto bene ed utile, nel dramma che si vive, ma senza programmi e progetti si rischia addirittura di suicidarsi.

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Lavoro e lavoratori.

di Eugenio Baresi

Proprio due giorni fa, nel 1970, veniva approvata dalla Camera dei Deputati la legge n.300.

Meglio nota come Statuto dei lavoratori.

Il Presidente del Consiglio era Mariano Rumor ed il Ministro del lavoro era Carlo Donat Cattin, entrambi democristiani.

Il disegno di legge governativo era stato predisposto appena un anno prima da Giacomo Brodolini, Ministro del Lavoro e socialista, con lo stesso Presidente del Consiglio.

(Brevissima nota: Brodolini ha fatto il Ministro per nove mesi, ma essendo capace ha potuto predisporre un testo fondamentale e approvato con l’impegno di un altro Ministro capace).

Oggi il lavoro in tanti settori è completamente diverso nella sua organizzazione ed è quindi quanto mai opportuno che se ne verifichi l’attualità.

Ma oggi c’è un problema ben peggiore; se le cose continuano in questo modo bisognerà preoccuparsi che ci sia ancora il lavoro.

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I diritti dei lavoratori.

di Eugenio Baresi

Curiosamente ci sono categorie di lavoratori per cui i diritti pare non valgano.

Per esempio i parrucchieri.

Lavoratori autonomi che devono lavorare 7 giorni su sette, 12 ore al giorno.

Questo per potersi mantenere e pagare le tasse perchè per loro non vi è cassa integrazione se non lavorano.

Sono artigiani.

Poi per contro c’è chi si indigna della commozione di un ministro che vede riconosciuti i diritti dei braccianti.

Il ministro è stata una bracciante ed ha provato sulla sua pelle l’umiliazione di un salario irrisorio.

Ha provato l’umiliazione della schiena piegata e del volto a dieci centimetri da terra per un irrisorio riconoscimento e quindi immaginarsi la sua soddisfazione dovrebbe essere una soddisfazione di tutti.

Ma perché non si usa il cervello?

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Raziocinio, serve solo il raziocinio.

di Eugenio Baresi

Quasi tutti i prodotti ortofrutticoli italiani non arriverebbero mai dai fruttivendoli e poi a casa di ognuno se non ci fossero gli irregolari che li raccolgono.

Detta così dovrebbe sconvolgere… ed è proprio così.

L’ulteriore fatto insopportabile e indecoroso è che sono sottopagati e sfruttati.

Ma lo sono perché le tasse dello Stato impediscono ogni altra forma di salario se si vuole essere sul mercato.

Allora tutti questi incapaci che governano, alcuni ininterrotamente da quasi dieci anni, non hanno nulla da rimproverarsi?

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